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[QPR's Flavio Briatore interview (in Italian) in GQ/Italy.]
QPR's Briatoree GQ Italy Interview
11 Gennaio 2008 - Briatore è nel pallone
di Simone Stenti
Dopo i successi in F1, il manager si butta nel calcio. Ha acquistato i Queens Park Rangers e punta alla Premier League, schierando un dream team della finanza. Come racconta in esclusiva a GQ.
La Trophy Room è rigorosamente no smoking, ma è facile immaginare la boiserie avvolta nelle volute dei sigari di azzimati soci che scambiano impressioni sul primo ministro Neville Chamberlain e, soprattutto, sui record di gol consecutivi di Tommy Cheetham, quando i Queens Park Rangers si stabilirono al Loftus Road Stadium, nel 1934.
La teca d’onore è occupata dalla Football League Cup, l’attuale Curling Cup, vinta 3-2 contro il West Bromwich Albion, nella prima finale giocata a Wembley. Foggia della coppa e caratteri arabescati delle incisioni ne tradiscono la data d’origine: 1967. Insomma, i cimeli farebbero sbavare i collezionisti, ma non sono recenti e neppure granché prestigiosi. Per esporre qualcosa di questa decade, bisogna aggrapparsi al premio vinto su Internet dal sito ufficiale. Insomma, l’avrete capito: se a Londra cercate Champions League, FA Cup e vittorie in Premier, l’indirizzo giusto non è nella zona di White City.
In Italia c'è una casta
“Calcio e F1 sono i due sport per eccellenza e noi abbiamo unito i mondi: competenze, marketing, sponsor, chi viene con noi risparmia“. Esordisce mr. Billionaire.
Non proprio una visione decoubertiana.
“Non scherziamo! Senza passione, manca tutto. E, viste le condizioni dei QPR, la conseguenza è che mi incazzo parecchio. Abbiamo salvato la società un’ora prima della bancarotta e non abbiamo potuto fare la campagna acquisti. Ora siamo proiettati sul mercato di gennaio, ma se perdiamo contatti anche dalle ultime in classifica sono guai”.
Avete pagato i QPR 90 milioni di euro. Cifra con cui avreste acquistato una dignitosa squadra italiana di A. Perché prenderne una di B inglese? “È un challenge. Qui sei sul mercato e giochi in una competizione pulita, dove le regole non hanno chiaroscuri. Una sfida con un unico metro di giudizio: il merito. Ecco perché qui ci sono investitori da tutto il mondo, mentre in Italia neanche uno”.
Novanta milioni, comunque, son mica bruscolini, per venti seviziatori di pallone.
“Non è mai importante a quanto compri, ma importa a quanto vendi dopo cinque anni”.
Avete appena acquistato e già programmate di rivendere?
“È un discorso teorico. Poi, non va dimenticato che la cifra comprende anche lo stadio. Trovo scandaloso che in Italia abbiano permesso alle società di calcio di quotarsi in Borsa. Ci sono tante società ben gestite, una su tutte il Milan. Ma sono società il cui unico capitale sono undici persone che corrono dietro a una palla. Che consistenza finanziaria possono avere?”.
Una solidità tenuta insieme con gli spilli del decreto spalmadebiti.
“Qui un’ora dopo la chiusura dei transfer, senza copertura finanziaria, c’è solo la bancarotta. Gli stipendi si pagano ogni settimana, e se dopo trenta giorni non li hai pagati tutti, ti tolgono 15 punti. Poi ti chiudono, senza possibili obiezioni. Per questo sono tutti onesti e solvibili”.
Come si può invertire la tendenza italiana?
“È impossibile. La casta degli eletti, che gestisce il calcio e ogni altro aspetto della società, dalla finanza alla politica, non ti permette nemmeno di partecipare. Figurati di vincere. Quindi, me ne sto alla larga. A me piace essere giudicato solo per i risultati”.
Leggendo la classifica, il giudizio rischia di non essere tenerissimo. “Quest’anno il target è salvarsi. Il prossimo consolidarci e tra due conquistare la Premier League”.
Intanto, un problema i QPR l’hanno risolto: quello economico.
“Su 19 mila posti di capienza totale, abbiamo una media di 16 mila spettatori: i biglietti costano molto più che in Italia, così facciamo il 50 per cento degli incassi del Milan campione d’Europa. La partita col Chelsea di FA Cup vale, da sola, un milione di sterline. Se arriviamo in Premier, ne prendiamo come minimo 60 di diritti televisivi, basta arrivare decimi e diventano 70. Poi, lo stadio è nostro: ci faremo concerti, lo renderemo davvero polifunzionale. Per questo abbiamo potuto riunire il gruppo d’azionisti migliore del mondo. Sono sei, tutti nella classifica di Forbes degli uomini più ricchi del pianeta”.
Come li avete convinti?
“Qualche credibilità l’abbiamo. Bernie ha creato la F1, mentre io, nel mio piccolo, ho vinto sette mondiali. Sempre nel nome dell’efficienza. È stato divertente anche soltanto raggiungerli: se passi dalla segreteria, va di lusso se ti ricevono sei mesi dopo. Ora siamo un club: ogni secondo lunedì del mese sappiamo che ci sono i QPR in agenda. Poi, naturalmente, non parleremo soltanto di calcio”. […]
L'intervista completa su GQ, gennaio 2008, n. 100 Interview - In Italian
REUTERS Summary of Briatore's Interview with GQ/Italy
Briatore blasts Italian football, hails Britain
ROME: Renault Formula One Team boss and Queens Park Rangers co-owner Flavio Briatore has blasted the Italian football world and lauded the sport in Britain for its fair play and meritocracy.
“Here you are on market and you play in a clean competition, where the rules have no shadowy areas,” he told the Italian edition of GQ magazine when asked why he bought into an English Championship (second division club) instead of one in his homeland.
“It’s a challenge with only one yardstick: merit. That’s why there are investors from all over the world here, while in (football in) Italy, there is not even one.”
Italian football is attempting to recover from a series of troubles, including the death of a fan and a police officer in separate incidents last year and the 2006 match-fixing scandal that led to Juventus being relegated to the second tier.
But Briatore, who completed his takeover of QPR with Formula One supremo Bernie Ecclestone in November, is not optimistic about the future.
“There is a caste of the chosen, who manage football and every other aspect of (Italian) society, from finance to politics, that do not even let you take part, never mind win,” he said.
“So I stay away. I like to be judged by my results only.”
Briatore said greater severity in implementing the rules helped keep the sport cleaner in England, adding that the main difference the countries was in “sporting culture”.
“Here you’ll never see a player asking an opponent to be given a yellow card,” he said. “The referees are never in question, because they don’t feel protagonists.
“In Italy they are all handsome, athletic, telegenic. Here they have tubby bellies and they blow up very little because they are not mad about getting noticed”. – Reuters